Nessun requiem per il cumulo alla rinfusa

Nota a margine della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 5 /2021

In questi giorni non è infrequente imbattersi in esegesi della pronuncia dell’Adunanza Plenaria del 18 marzo u.s. che, a seconda dei casi, con toni trionfalisti o lamentazioni disfattiste, salutano la presunta caduta del regime di qualificazione proprio dei consorzi stabili, ossia il tanto amato o vituperato “cumulo alla rinfusa”.

In barba ai detrattori della insopprimibile funzione pro-concorrenziale e di favor per le piccole e medie imprese di cui i consorzi stabili sono portatori, non è certamente giunta l’ora del requiem.

In effetti, il principio di diritto espresso dall’Adunanza Plenaria è circoscritto alla questione esaminata: se la “La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori [… sia o meno…] equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento”, offrendosi a tale quesito risposta affermativa, alla luce della disciplina all’epoca della gara vigente (art. 47, comma 2, così come modificato dal D.lgs. 56/2017).

Fuoriesce tuttavia dall’ambito delle questioni affrontate la problematica della sopravvivenza normativa (invero pacifica) del cumulo alla rinfusa dei requisiti di qualificazione.
Né in tal senso è utilmente invocabile l’affermazione incidentalmente resa dall’Adunanza Plenaria per cui “L’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha eliminato tale regola”.
In effetti, la norma del decreto sblocca cantieri ha semmai “eliminato” l’art. 31 comma 1 del D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca dei fatti oggetto della pronuncia, secondo il quale: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.

Dunque, determina il superamento proprio della norma che, allorché introdotta nel 2017, aveva lasciato presagire un superamento del regime del cumulo alla rinfusa in favore di altro regime, nella misura in cui ne rimetteva o, peggio, ne riduceva l’operatività all’avvalimento da parte del Consorzio dei requisiti delle singole consorziate non designate per l’esecuzione.
Dunque e semmai, il decreto Sblocca cantieri è intervenuto a superare le incertezze determinate dalla formulazione dell’art. 47, comma 2, del D.lgs. 56/2017 e confermare la piena operatività del cumulo alla rinfusa di tutti i requisiti, atteso che, per come si legge nella stessa relazione di accompagnamento al decreto n. 32/2019, la novella introdotta è finalizzata ad assicurare “continuità con il passato, di fatto colmando, a regime, un vuoto normativo per tali settori” (Cfr. relazione di accompagnamento al decreto n. 32/2019) e, dunque, a “chiarire la disciplina dei consorzi stabili onde consentire l’operatività e sopravvivenza di tale strumento pro-concorrenziale” (TAR Napoli, Sez. I, 26.01.2021, n. 537).

In tal senso, dunque, va intesa la indicazione resa dalla Plenaria circa il superamento del previgente regime – rectius, quello introdotto dal decreto correttivo n. 56/2017 – e la conseguente constatazione per cui risulterebbe per tale via rispristinata la perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa prevista dall’art. 47 comma 2, del codice (nella sua originaria formulazione recata d.lgs. 50/2016), alla sola “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all'organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.

Ciò non esclude tuttavia la pacifica perduranza del regime qualificatorio del cumulo alla rinfusa ai fini SOA, nonché per pacifica interpretazione, ai fini del requisito del fatturato e dei lavori analoghi.

Del resto, l’Adunanza Plenaria non affronta in alcun modo la questione della qualificazione dei consorzi ad oggi; né si discorre del regime transitorio dettato dall’art. 216, comma 14, del D.lgs. 50/2016.

Dunque, a voler evocare le stesse indicazioni provenienti dalla giurisprudenza amministrativa “Risulta infatti pacifico … che i consorzi stabili, per comprovare il possesso dei requisiti, possono attingere al “cumulo alla rinfusa”, in quanto operazione conforme alla natura mutualistica del patto consortile … La questione è stata in ogni caso definitivamente risolta con l’entrata in vigore del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 – contenente, tra l’altro, “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici…” – il quale, nel modificare nuovamente il testo dell’art. 47, comma 2, d.lgs. 50/2016, ha rimosso le ambiguità insite nei rimandi ad altre fonti normative ed ha confermato che i consorzi stabili: “eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicata in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto”. Viene quindi inequivocabilmente ribadita la non incidenza della circostanza relativa all’esecuzione materiale delle prestazioni da parte della consorziata che presta i requisiti, in ossequio al principio mutualistico che caratterizza i consorzi stabili. In definitiva, deve concludersi nel senso della non necessità dell’indicazione della consorziata da parte dell’ausiliaria giacché il Consorzio, in quanto soggetto giuridico autonomo, può fare valere i mezzi nella disponibilità delle consorziate in base al rapporto organico che lega queste ultime al Consorzio medesimo.” (T.A.R. Napoli, Sez. I, 26.01.2021, n. 537; Sez. I, 10.7.2020 n. 3003; cfr. ex multis, anche C.d.S., Sez. V, 11.12.2020, n. 7943; VI, 13.10.2020, n. 6165; Tar Campania – Napoli Sez. I, 7.2.2020 n. 611).

A conforto e maggior tranquillità dei fautori dei consorzi stabili, proprio da ultimo, il Consiglio di Stato (Sez. V, n. 2588 del 29.3.2021), ha ribadito che (addirittura per il settore degli appalti di servizi) “Non è poi vero … che ai sensi dell’art. 47 del Codice dei contratti pubblici, come modificato dal c.d. decreto sblocca-cantieri (decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55) si sarebbe innovato il sistema di qualificazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici dei consorzi stabili. Ciò in particolare attraverso l’aggiunta alla citata disposizione del Codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, del comma 2-bis, che così dispone «(l)a sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati». La disposizione, letta in combinato con la regola del c.d. cumulo alla rinfusa dei requisiti del consorzio stabile prevista dal medesimo art. 47, comma 1, deve ragionevolmente essere intesa nel senso che essa abbia inteso introdurre un onere di verifica dei requisiti di qualificazione da svolgere presso gli operatori economici partecipanti al consorzio stabile e che a quest’ultimo hanno apportato le loro rispettive capacità tecnico-professionali o economico-finanziarie. Dalla medesima disposizione non può invece desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione. Come sottolineano le parti appellanti ad opinare in questo senso verrebbero svuotate la finalità pro concorrenziali dell’istituto del consorzio stabile, oltre che il suo stesso fondamento causale, enunciato dall’art. 45, comma 2, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, ed incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una «comune struttura di impresa» deputata ad operare nel settore dei contratti pubblici ed unica controparte delle stazioni appaltanti, secondo quanto previsto dall’art. 47, comma 2, del Codice (cfr. in questo senso, da ultimo: Cons. Stato, V, 2 febbraio 2021, n. 964; 11 dicembre 2020, n. 7943).

E nel medesimo senso si è espresso sempre da ultimo, ancora una volta il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza n. 964 del 2 febbraio 2021, affermando la piena vigenza e applicabilità del criterio del “cumulo alla rinfusa” e rimarcando che “il consorzio stabile è un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa”.

In ciò sta dunque la cifra della novella introdotta dal Decreto Sblocca Cantieri che, superando la formulazione del comma 2 dell’art. 47 introdotta dal D.lgs. 56/2017 (peraltro mai entrato in vigore), ha superato il passaggio ivi impropriamente sancito dal regime del cumulo alla rinfusa a quello dell’avvalimento tra consorzio e consorziate.

Le indicazioni della Plenaria, si ribadisce, riguardano caso ben diverso e non centrato sulla specifica questione all’esame; dunque non possono essere assunte a riferimento dei detrattori dei consorzi stabili.

2. Ed il regime transitorio
Aggiungasi che, la perduranza del cumulo alla rinfusa discende poi dal regime transitorio posto dal Codice, emergendo, in particolare, dal combinato disposto di cui agli artt. 83, comma 2 e 216, comma 14 D.lgs. n. 50/2016, nonché dell’art. 81, D.P.R. 207/2010 (disciplina, questa, non esaminata dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 5/2021).

Il citato art. 216, comma 14 D.lgs. n. 50/2016 dispone infatti che “fino all’adozione delle linee guida indicate all’articolo 83, comma 2 [… ed ora del regolamento di cui al comma 27-octies del citato articolo…] continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III, nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207”.

Dunque, allo stato attuale, non essendo ancora stato emanato il regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, del Codice, il sistema di qualificazione, i casi e le modalità di avvalimento, i requisiti e le capacità che devono essere posseduti dai consorzi stabili per concorrere alle gare pubbliche, sono regolati dall’art. 36, comma 7, del vecchio Codice dei contratti.

Tale lettura, del resto, è conforme a quanto affermato in materia dall’ANAC e dal G.A.
In particolare, si segnala la delibera ANAC n. 33 del 10 gennaio 2018, la quale indica la via da seguire - fino all’adozione della disciplina regolamentare - per la partecipazione dei consorzi stabili alle gare pubbliche.
Sottolinea l’Autorità: “La soluzione da adottare è quella indicata dal Tar Lazio con la sentenza n. 1324 del 25 gennaio 2017 secondo cui, allo stato attuale e fino all’adozione delle linee-guida previste dall’articolo 83, comma 2, del D.lgs. 50/2016, per la partecipazione dei consorzi stabili alle gare pubbliche, si applicano le previgenti disposizioni contenute nell’articolo 36, comma 7, del d.lgs. 163/2006, ovvero la regola per la quale i consorzi stabili si qualificano sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate, senza necessità di stipulare un contratto di avvalimento. Tale regola, chiarisce il TAR, vale sia per gli appalti di lavori che di servizi infatti “nel previgente ordinamento, per la questione qui controversa, non è rinvenibile alcuna differenziazione tra appalti di lavori e appalti di servizi”.
Ancora, continua l’Autorità “L’operatività del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili non può ritenersi venuta meno nel nuovo quadro ordinamentale conseguente alla entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. n. 50/2016”.

Sempre l’ANAC, nel proprio comunicato dell’8 giugno 2016 “sulle questioni interpretative relative all’applicazione delle disposizioni del d.lgs. 50/2016 nel periodo transitorio”, ha ribadito che i requisiti sono individuati in linea generale dall’art. 47 del nuovo codice, aggiungendo che “l’art. 216, comma 14, prevede che fino all’adozione delle linee-guida previste dall’art. 83, comma 2, del codice (che attengono anche ai requisiti e alle capacità che devono essere posseduti dai consorzi) si applica la parte II, titolo III, del D.P.R. 207/2010. Tra queste disposizioni sono ricomprese anche quelle che disciplinano la qualificazione dei consorzi e, in particolare, l’art. 81, che, attraverso un rinvio recettizio, dispone che la qualificazione dei consorzi stabili avviene secondo le disposizioni dell’art. 36, comma 7, del codice”.

Pertanto, sulla base del combinato disposto delle norme ivi richiamate, si può senz’altro affermare che, con riferimento alla partecipazione alle gare dei consorzi stabili, trovino ancora applicazione le disposizioni del precedente corpus normativo di settore, in virtù del richiamo espresso di cui all’art. 81, D.P.R. 207/2010.

Nel medesimo solco la giurisprudenza amministrativa si è costantemente espressa nel senso di ritenere pacifica la possibilità per i consorzi stabili di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara anche utilizzando le qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.

Nella medesima direzione, vengono in rilievo le pronunce del Tar Lazio, Roma, n. 1324/2017 e del Tar Napoli, n. 3507/2017, nelle quali, nel far leva sul combinato disposto degli artt. 83, comma 2 e 216, comma 14 del nuovo Codice dei contratti, si è chiarito che “l’operatività del 'cumulo alla rinfusa' per i consorzi stabili non può ritenersi, allo stato, venuto meno nel nuovo quadro ordinamentale conseguente alla entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016, atteso che, in presenza di un contrasto interpretativo sull’applicabilità temporale di tale istituto, va preferita l’interpretazione che salvaguardia la massima partecipazione delle imprese alle gare ad evidenza pubblica coerentemente, tra l’altro, con la previsione contenuta nell’art. 83, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016 che, nel prescrivere che i requisiti e le capacità per le qualificazioni devono essere attinenti e proporzionali all’oggetto dell’appalto, richiama l’interesse pubblico “ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”.

E tale principio non può che trovare applicazione anche per il caso in cui, la legge di gara, oltre alla qualificazione SOA, richieda anche il possesso dell’ulteriore requisito relativo al fatturato in lavori o della “realizzazione di lavori o servizi analoghi da comprovarsi attraverso i certificati di esecuzione lavori di che trattasi (Consiglio di Stato, sentenza n. 4983 del 20 agosto 2018).

In conclusione, nulla ad oggi è cambiato.

Avv. Francesco Zaccone

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